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..Et unam, sanctam, cathólicam et apostólicam Ecclésiam!


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    I Cattolici non possono fare a meno della Domenica, perchè?

    LDCaterina63
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    I Cattolici non possono fare a meno della Domenica, perchè? Empty I Cattolici non possono fare a meno della Domenica, perchè?

    Messaggio  LDCaterina63 Mar Mar 03, 2009 12:54 am

    I giudei celebravano di sabato la memoria della prima creazione. Cristo operò la seconda proprio il giorno in cui si concludeva la settimana [giudaica]. Da questa seconda creazione non ebbe origine l'uomo terrestre, bensì l'uomo spirituale: la nuova creatura, quella che ha valore agli occhi del Padre (cf. Gal 6, 15).
    Essa prese a vivere in forza della risurrezione di Gesù (cf. Rm 6, 4-5). Ora, la risurrezione del Signore avvenne nel giorno che i cristiani hanno a lui dedicato. Per questo noi celebriamo la domenica [giorno della risurrezione, o della nuova creazione], come i giudei avevano il sabato in venerazione.

    (San Tommaso d'Aquino, Opuscolo Prediche Quaresima 1273)


    Ma prendiamo laSacramentum Caritatis
    di Benedetto XVI e leggiamo come ci insegna il Papa nel confermarci quanto disse san Tommaso.... Wink

    10. In tal modo siamo portati a riflettere sull'istituzione dell'Eucaristia nell'Ultima Cena. Ciò accadde nel contesto di una cena rituale che costituiva il memoriale dell'avvenimento fondante del popolo di Israele: la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. Questa cena rituale, legata all'immolazione degli agnelli (cfr Es 12,1-28.43-51), era memoria del passato ma, nello stesso tempo, anche memoria profetica, ossia annuncio di una liberazione futura. Infatti, il popolo aveva sperimentato che quella liberazione non era stata definitiva, poiché la sua storia era ancora troppo segnata dalla schiavitù e dal peccato. Il memoriale dell'antica liberazione si apriva così alla domanda e all'attesa di una salvezza più profonda, radicale, universale e definitiva. È in questo contesto che Gesù introduce la novità del suo dono. Nella preghiera di lode, la Berakah, Egli ringrazia il Padre non solo per i grandi eventi della storia passata, ma anche per la propria « esaltazione ».

    Istituendo il sacramento dell'Eucaristia, Gesù anticipa ed implica il Sacrificio della croce e la vittoria della risurrezione. Al tempo stesso, Egli si rivela come il vero agnello immolato, previsto nel disegno del Padre fin dalla fondazione del mondo, come si legge nella Prima Lettera di Pietro (cfr 1,18-20). Collocando in questo contesto il suo dono, Gesù manifesta il senso salvifico della sua morte e risurrezione, mistero che diviene realtà rinnovatrice della storia e del cosmo intero. L'istituzione dell'Eucaristia mostra, infatti, come quella morte, di per sé violenta ed assurda, sia diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva liberazione dell'umanità dal male.

    Figura transit in veritatem

    11. In questo modo Gesù inserisce il suo novum radicale all'interno dell'antica cena sacrificale ebraica. Quella cena per noi cristiani non è più necessario ripeterla. Come giustamente dicono i Padri, figura transit in veritatem: ciò che annunciava le realtà future ha ora lasciato il posto alla verità stessa. L'antico rito si è compiuto ed è stato superato definitivamente attraverso il dono d'amore del Figlio di Dio incarnato. Il cibo della verità, Cristo immolato per noi, dat ... figuris terminum (20). Con il comando « Fate questo in memoria di me » (Lc 22,19; 1 Cor 11,25), Egli ci chiede di corrispondere al suo dono e di rappresentarlo sacramentalmente. Con queste parole, pertanto, il Signore esprime, per così dire, l'attesa che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio, accolga questo dono, sviluppando sotto la guida dello Spirito Santo la forma liturgica del Sacramento. Il memoriale del suo dono perfetto, infatti, non consiste nella semplice ripetizione dell'Ultima Cena, ma propriamente nell'Eucaristia, ossia nella novità radicale del culto cristiano.

    (...)

    73 (...)
    Rimangono preziose, a questo riguardo, le osservazioni fatte dal mio venerato predecessore, Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica Dies Domini (207), a proposito delle diverse dimensioni della domenica per i cristiani: essa è Dies Domini, in riferimento all'opera della creazione; Dies Christi in quanto giorno della nuova creazione e del dono che il Signore Risorto fa dello Spirito Santo; Dies Ecclesiae come giorno in cui la comunità cristiana si ritrova per la celebrazione; Dies hominis come giorno di gioia, riposo e carità fraterna.

    Un tale giorno, pertanto, si manifesta come festa primordiale, nella quale ogni fedele, nell'ambiente in cui vive, può farsi annunziatore e custode del senso del tempo. Da questo giorno, in effetti, scaturisce il senso cristiano dell'esistenza ed un nuovo modo di vivere il tempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la morte. È bene, dunque, che nel giorno del Signore le realtà ecclesiali organizzino, intorno alla Celebrazione eucaristica domenicale, manifestazioni proprie della comunità cristiana: incontri amichevoli, iniziative per la formazione nella fede di bambini, giovani e adulti, pellegrinaggi, opere di carità e momenti diversi di preghiera. A motivo di questi valori così importanti – per quanto giustamente il sabato sera sin dai Primi Vespri appartenga già alla Domenica e sia permesso adempiere in esso al precetto domenicale – è necessario rammentare che è la domenica in se stessa che merita di essere santificata, perché non finisca per risultare un giorno « vuoto di Dio ».(208)

    Dies Domini di Giovanni Paolo II:

    Dal sabato alla domenica

    18. Per questa essenziale dipendenza del terzo comandamento dalla memoria delle opere salvifiche di Dio, i cristiani, percependo l'originalità del tempo nuovo e definitivo inaugurato da Cristo, hanno assunto come festivo il primo giorno dopo il sabato, perché in esso è avvenuta la risurrezione del Signore. Il mistero pasquale di Cristo costituisce, infatti, la rivelazione piena del mistero delle origini, il vertice della storia della salvezza e l'anticipazione del compimento escatologico del mondo. Ciò che Dio ha operato nella creazione e ciò che ha attuato per il suo popolo nell'Esodo ha trovato nella morte e risurrezione di Cristo il suo compimento, anche se questo avrà la sua espressione definitiva solo nella parusia, con la venuta gloriosa di Cristo.

    In lui si realizza pienamente il senso « spirituale » del sabato, come sottolinea san Gregorio Magno: « Noi consideriamo vero sabato la persona del nostro Redentore, il Signore nostro Gesù Cristo ».(14) Per questo la gioia con cui Dio, nel primo sabato dell'umanità, contempla la creazione tratta dal nulla è ormai espressa da quella gioia con cui Cristo, nella domenica di Pasqua è apparso ai suoi, portando il dono della pace e dello Spirito (cfr Gv 20, 19-23). Nel mistero pasquale, infatti, la condizione umana, e con essa l'intera creazione, « che geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto » (Rm 8, 22), ha conosciuto il suo nuovo « esodo » verso la libertà dei figli di Dio che possono gridare, con Cristo, « Abbà, Padre » (Rm 8, 15; Gal 4, 6). Alla luce di questo mistero, il senso del precetto antico-testamentario sul giorno del Signore viene ricuperato, integrato e pienamente svelato nella gloria che rifulge sul volto di Cristo Risorto (cfr 2 Cor 4, 6). Dal « sabato » si passa al « primo giorno dopo il sabato », dal settimo giorno al primo giorno: il dies Domini diventa il dies Christi !
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    Messaggio  Mic Mar Mar 03, 2009 9:01 am

    LDCaterina63 ha scritto:I giudei celebravano di sabato la memoria della prima creazione. Cristo operò la seconda proprio il giorno in cui si concludeva la settimana [giudaica]. Da questa seconda creazione non ebbe origine l'uomo terrestre, bensì l'uomo spirituale: la nuova creatura, quella che ha valore agli occhi del Padre (cf. Gal 6, 15).
    Essa prese a vivere in forza della risurrezione di Gesù (cf. Rm 6, 4-5). Ora, la risurrezione del Signore avvenne nel giorno che i cristiani hanno a lui dedicato. Per questo noi celebriamo la domenica [giorno della risurrezione, o della nuova creazione], come i giudei avevano il sabato in venerazione.

    (San Tommaso d'Aquino, Opuscolo Prediche Quaresima 1273)
    ....
    Alla luce di questo mistero, il senso del precetto antico-testamentario sul giorno del Signore viene ricuperato, integrato e pienamente svelato nella gloria che rifulge sul volto di Cristo Risorto (cfr 2 Cor 4, 6). Dal « sabato » si passa al « primo giorno dopo il sabato », dal settimo giorno al primo giorno: il dies Domini diventa il dies Christi!

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    Messaggio  Stephanos Mar Mar 03, 2009 12:54 pm

    Grazie per lo Spunto Cate. Wink

    E' rabbrividente, sai cosa?

    Vedere continui richiami e addirittura Magistero Ufficiale su un FONDAMENTO della nostra Fede!! Incredibile che la confusione sia arrivata a tal punto da sollecitare i Pontefici, il Magistero, a diramare queste basi che dovrebbero essere così "familiari" e fondamentali per noi, come l' ABC...

    Ci sono Fondatori di Associazioni, che anche Oggi, di recente, hanno affermato tali e tante "difformità" rispetto al Cattolicesimo che la metà bastano!

    In una intervesta, infatti, il Fondatore della Associaizone NeoCatecumenale, Kiko Arguello, ha così affermato:

    "Nelle comunità portiamo avanti infatti una catechesi basata sulla Pasqua ebrea, con il pane azzimo a significare la schiavitù e l’uscita dall’Egitto e la coppa del vino a significare la Terra promessa”. E qui, aprendo una lunga parentesi, l’iniziatore ha riassunto la sua catechesi sull’ultima cena, sul pane e sul vino: “Quando nelle cena della Pasqua ebraica si scopre il pane si parla di schiavitù, quando si parla della Terra promessa scoprono il calice, la quarta coppa. In mezzo a questi due momenti c’è una cena, quella nel corso della quale Gesù disse “Questo è il mio Corpo” (a significare la rottura della schiavitù dell’uomo all’egoismo e al demonio) e “Questo è il mio Sangue” (a significare la realizzazione di un nuovo esodo per tutta l’umanità). Più tardi – ha continuato Kiko – i cristiani toglieranno la cena e metteranno insieme il pane e il vino [?]. Ora, nel Cammino abbiamo molta gente lontana dalla Chiesa, non catechizzata, e nei segni del pane azzimo (la frazione del pane) e del vino noi diamo visibilità a quei significati”.

    Tra i "segni ebraici" che il Fondatore "usa" vi è anche quello dell' "Eucaristia del Sabato"!

    La domanda è: come è possibile che si attui una Dottrina così diversa da quella della Chiesa Cattolica, definendola formalmente "Cattolica"?? Shocked
    LDCaterina63
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    Messaggio  LDCaterina63 Mar Mar 03, 2009 9:51 pm

    Neutral tu vuoi vincere un terno al Lotto me pare!! Laughing

    Il danno lo fece, se di danno vogliamo parlare, la confusione che animò la Chiesa negli anni '70...obbligando lo stesso Pontefice Paolo VI a TOLLERARE il più possibile con la speranza di EDUCARE poi con la sana dottrina, ma Paolo VI DANDO CONCESSIONI a tutti (tranne che alla Messa san Pio V, lo dovette fare Giovanni Paolo II l'indulto) trascurò l'elemento OBBEDIENZA...
    ergo lui fu in buona fede e donò concessioni ai NC (ome ad altri gruppi laici) perchè si sarebe dovuto sapre che nella Legge della Chiesa la Concessione è una tantum, m resta in vigore LA NORMA....

    Dopo 40 anni di permissione antidottrinale, come fare oggi a riportare L'ORDINE?
    Con pazienza e facendo conoscere ciò che molti NON conoscono a cominciare dai sacerdoti...

    Infatti hai potuto vedere che l'h dove alcuni NC vengono a conoscenza delle Norme della Chiesa, come ti rispondono? Ma quella Lettera E' PRIVATA! Very Happy
    il Papa NON parla a noi, NOI ABBIAMO L'INDULTO, che srebbe poi LA CONCESSIONE NON L'INDULTO....

    La Messa del Sabato sera fu regolaizzata da Pio XII ergo ce l'abbiamo TUTTI, ma non è catecheticamente insegnata come giorno del Signore...ergo è una TANTUM: vado a Messa Sabato perchè oggi ho impegni che mi impedirebbero di riceverla Domenica....

    Wink
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    Messaggio  LDCaterina63 Sab Mar 07, 2009 1:24 am

    Wink

    Il giorno del riposo

    DIES DOMINI di Giovanni Paolo II:


    64. Per alcuni secoli i cristiani vissero la domenica solo come giorno del culto, senza potervi annettere anche il significato specifico del riposo sabbatico. Solo nel IV secolo, la legge civile dell'Impero Romano riconobbe il ritmo settimanale, facendo in modo che nel « giorno del sole » i giudici, le popolazioni delle città e le corporazioni dei vari mestieri cessassero di lavorare. (107) I cristiani si rallegrarono di veder così tolti gli ostacoli che fino ad allora avevano reso talvolta eroica l'osservanza del giorno del Signore. Essi potevano ormai dedicarsi alla preghiera comune senza impedimenti. (108)



    Sarebbe quindi un errore vedere nella legislazione rispettosa del ritmo settimanale una semplice circostanza storica senza valore per la Chiesa e che essa potrebbe abbandonare. I Concili non hanno cessato di conservare, anche dopo la fine dell'Impero, le disposizioni relative al riposo festivo. Nei Paesi poi dove i cristiani sono in piccolo numero e dove i giorni festivi del calendario non corrispondono alla domenica, quest'ultima rimane pur sempre il giorno del Signore, il giorno in cui i fedeli si riuniscono per l'assemblea eucaristica. Ciò però avviene a prezzo di non piccoli sacrifici.

    Per i cristiani non è normale che la domenica, giorno di festa e di gioia, non sia anche giorno di riposo e resta comunque per essi difficile « santificare » la domenica, non disponendo di un tempo libero sufficiente.



    65. D'altra parte, il legame tra il giorno del Signore e il giorno del riposo nella società civile ha una importanza e un significato che vanno al di là della prospettiva propriamente cristiana. L'alternanza infatti tra lavoro e riposo, inscritta nella natura umana, è voluta da Dio stesso, come si rileva dal brano della creazione nel Libro della Genesi (cfr 2, 2-3; Es 20, 8-11): il riposo è cosa « sacra », essendo per l'uomo la condizione per sottrarsi al ciclo, talvolta eccessivamente assorbente, degli impegni terreni e riprendere coscienza che tutto è opera di Dio.

    Il potere prodigioso che Dio dà all'uomo sulla creazione rischierebbe di fargli dimenticare che Dio è il Creatore, dal quale tutto dipende. Tanto più urgente è questo riconoscimento nella nostra epoca, nella quale la scienza e la tecnica hanno incredibilmente esteso il potere che l'uomo esercita attraverso il suo lavoro.



    66. Infine, non bisogna perdere di vista che, anche nel nostro tempo, per molti il lavoro è una dura servitù, sia in ragione delle miserevoli condizioni in cui si svolge e degli orari che impone, specie nelle regioni più povere del mondo, sia perché sussistono, nelle stesse società economicamente più evolute, troppi casi di ingiustizia e di sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo.

    Quando la Chiesa nel corso dei secoli ha legiferato sul riposo domenicale, (109) ha considerato soprattutto il lavoro dei servi e degli operai, non certo perché esso fosse un lavoro meno dignitoso rispetto alle esigenze spirituali della pratica domenicale, ma piuttosto perché più bisognoso di una regolamentazione che ne alleggerisse il peso, e consentisse a tutti di santificare il giorno del Signore. In questa chiave il mio predecessore Leone XIII nell'Enciclica Rerum novarum additava il riposo festivo come un diritto del lavoratore che lo Stato deve garantire. (110)



    DIES DOMINI


    ********************************

    Sempre tenendo a mente che andare alla Messa il Sabato sera, essendo Messa VIGILIARE (al calar del sole) E' LECITO...tuttavia va chiarito che un conto è catechizzare che il giorno del Signore è la Domenica e poi vdo al sabato sera perchè di Domenica o lavoro, o non mi è possibile per motivi seri andare in Chiesa, o altrimenti è una eresia catechizzare che la FESTA E' IL GIORNO DI SABATO.... Wink

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