Dominus Est !

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..Et unam, sanctam, cathólicam et apostólicam Ecclésiam!


    La Chiesa e il mondo

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    Messaggio  Mic Sab Feb 28, 2009 11:35 pm

    Dal recentissimo libro: Gnocchi Palmaro, "Tradizione. Il vero volto" Intervista a Mons. bernard Fellay, Sugarco 2009
    Il testo ha degli spunti bellissimi e di una profondità e chiarezza stupendi. Cominciamo a condividere: sto scannerizzando per voi la parte III, soprattutto per chi ancora non dovesse trovarlo (il seguito ai successivi post) ma, se vi ispira, potete cominciare a intervenire!

    Parte III
    "Candidi come colombe astuti come serpenti"

    Come si deve comportare un uomo politico cattolico di fronte a una legge ingiusta? Un cattolico può votare o addirittura proporre una legge che liberalizza l'aborto o l'eutanasia? Quali criteri devono guidare un elettore cattolico nella scelta del candidato o del partito da votare? Qual e la forma di Stato migliore dal punto di vista della Chiesa? Si può obbligare qualcuno a diventare credente? Qual è il giudizio della Chiesa su fenomeni im-portanti come il comunismo, il liberalismo, il femminismo? La società è fatta di uomini « naturalmente buoni », oppure ogni persona porta impressa una ferita che lo inclina al male, chiamata peccato originale »? Il diavolo esiste o e un'invenzione dei preti? I malvagi di questo mondo subiranno la stessa sorte delle loro vittime, oppure esiste una realtà chiamata inferno per una punizione eterna secondo giustizia?

    Queste domande sono solo un piccolo assaggio di come la fede non sia un'astrazione, ma un fenomeno molto concreto, capace di condizionare in modo decisivo la vita e la storia degli uomini. Temi che introducono una riflessione di carattere generale, riassumibile in un interrogativo: che rapporto c'è fra la Chiesa e il mondo moderno. La risposta a questa domanda è fondamentale, almeno sotto due differenti punti di vista. Da un lato, ha un significato sociologico, nel senso che si assume il compito di descrivere come stanno le cose, di «fotografare» i fatti e riassumerli secondo un significato preciso. Dall'altro lato, questa risposta è il frutto di una concezione teorica, di una dottrina, diremmo di una teologia.

    Il primo aspetto, quello descrittivo, ci mette di fronte a una serie di fatti piuttosto eloquenti: la modernità, e ancor più la cosiddetta postmodernità, si caratterizzano per un vero e proprio antagonismo nei confronti della Chiesa. Si può enumerare una serie infinita di comportamenti apertamente ostili e avversi al cattolicesimo: dalla Rivoluzione francese del 1789 alla Rivoluzione bolscevica del 1917; dal liberalismo amorale al relativismo contemporanei, passando attraverso le persecuzioni del nazionalsocialismo e soprattutto di tutti i comunismi durante il XX secolo. La storia degli ultimi 230 anni è un'immensa catena di persecuzioni e di violenze fisiche e morali consumate dalla modernità nei confronti della Chiesa.

    Da alcuni decenni, grosso modo dagli scorsi anni Sessanta, nel mondo cattolico si è diffusa però una storiografia impegnata a rimuovere questa evidenza, e anzi a capovolgere il rapporto fra persecutori e perseguitati. Si è scritto e si è detto che molto la Chiesa avesse da farsi perdonare, e che molti dei mali che essa e i suoi fedeli hanno subìto siano dipesi proprio da una certa aggressività del cattolicesimo. In altre parole, i nostri padri sarebbero per così dire andati a cercarsi una buona parte delle reazioni ostili in cui sono incorsi.

    Sempre in questo clima, si è diffusa l'idea che parlare delle persecuzioni subìte dalla chiesa, soffermarsi, per esempio, sui martiri degli anarchici e dei comunisti nella Spagna degli anni Trenta oppure sulle vittime del governo massonico messicano degli anni Venti, fosse un segno di apologetica. Del resto, proprio 1'apologetica doveva scomparire sotto i colpi di una nuova ecclesiologia.

    « E' ora di dire basta», affermarono molti - a una Chiesa dallo sguardo arcigno e pronta a condannare più che a comprendere il mondo. Basta i Papi del Sillabo e della scomunica al comunismo ». Quanto questa raffigurazione del passato della Chiesa fosse obiettiva, tutte le persone di buon senso possono vederlo. Ma tanto bastò per affermare una nuova idea, una sorta di profezia che iniziò a soffiare insieme col famoso «spirito del Concilio »: se la Chiesa si aprirà al mondo con fiducia, pronta a comprendere e non a condannare, il mondo risponderà con altrettanto amore, e la concordia regnerà finalmente sulla Terra, dove gli uomini scopriranno la bellezza del Vangelo della Buona Novella.

    E qui si inserisce il secondo livello del problema, quello dottrinale. Nei cui termini la domanda originaria potrebbe essere riformulata in questo modo: al di là del contingente, dell' hic et nunc quale rapporto e possibile di norma fra la Chiesa fondata da Gesù Cristo e il mondo? Il Vangelo risponde in più occasioni a questa domnanda tremenda. E lo fa lasciando poco spazio all'ottimismo: Gesù Cristo annuncia a tutti coloro che vorranno seguirlo la persecuzione, la violenza, il martirio, il grande nemico di sempre, il diavolo, spadroneggia per cercare di ghermire quante più anime gli è possibile.
    La storia è il teatro di questo formidabile combattimento, il cui esito finale è stato già segnato dalla vittoria di Cristo, ma le cui quotidiane battaglie scandiscono il clima di conflitto, di lotta, fra la Chiesa e molte forze oscure che si susseguono nelle diverse epoche.

    Dunque, nelle stesso cattolicesimo attuale vi è una diversa valutazione tra Chiesa e mondo. Per molti dopo il Concilio Vaticano II doveva nascere un idillio. Ma l'idillio non c'è stato. Per molti la Chiesa e il mondo possono intendersi e cooperare. Ma per alcuni le cose non stanno esattamente così. Secondo Bernard Fellay la relazione fra Chiesa e società, fra Chiesa e Stato oggi ha bisogno di essere completamente ripensata. E ripensata in un modo che suonerà certamente sorprendente a molti lettori, ma non per questo meno suggestivo.

    Domanda: Se ora puntiamo lo sguardo all'esterno della Chiesa. vediamo che il tema di fondo e la contrapposizione tra mondo cattolico e quell'insieme di teorie e di pratica quotidiana che viene definito « laicismo ». Come si pone il cattolico di fronte a questa nuova frontiera?

    Mons. Fellay: Prima di tutto bisogna fare chiarezza sui termini. Usando il termine "laicismo" per indicare un fenomeno da rifiutare, si intende preservare il concetto di "laicità" ritenuto onvece positivo. Ebbene, bisogna spiegare che, quando si parla di "laicità" si intende un modo di pensare e di vivere autonomo rispetto alla religione. Ma l'autonomia non può essere parziale: o è completa o non è. Dunque, la "laicità" per essere autenticamente laica, dev'essere totalmente altra rispetto alla visione religiosa dell'uomo. Ed ecco che, in linea di principio e in lineadi fatto, vi si contrappone.
    Quindi non penso che si possa parlare di "sana laicità". Ciò perché, ancora una volta, si va contro l'essenza stessa dell'uomo, che è profondamente religiosa. Tanto è vero che, a un certo punto, la "laicità" produce il "laicismo", cioè un sistema di valori assolutamente intoccabili che assume tutti i tratti della religione. Laica finché si vuole, ma religione.
    Anche nel mondo cattolico, oggi, si fa un gran parlare di laicità e di sana laicità dando per scontato che l'ordine temporale, cioè l'ordine politico in cui si organizzano gli uomini, sia autonomo rispetto al Creatore. E non mi risulta che la necessità dell'uomo di organizzarsi socialmente sia un aspetto della natura umana che si sia prodotto da solo. Anch'esso dipende da ciò che è stato stabilito da Dio una volta per tutte. Pretendere di essere autonomi da Dio per quanto riguarda la morale o la politica, significa pretendere di essere autonomi nell'essere. Un errore che porta direttamente alla costruzione di sistemi che erigono l'uomo a divinità e finiscono per renderlo schiavo: i sistemi totalitari.
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    Messaggio  Mic Lun Mar 02, 2009 12:31 pm

    Inserisco, condividendo, questo brano da un articolo di Baget Bozzo

    "Il carisma di Ratzinger, anche da cardinale, fu quello di unire la continuità nella tradizione con la riforma della Chiesa attuata dal Concilio.
    Ma questa posizione espressa da Papa all’inizio del pontificato chiedeva di essere testimoniata con l’apertura verso la comunità che aveva creato uno scisma e che aveva rifiutato l’autorità papale? La comunità di Ecône si era indurita nella sua separazione, le sue posizioni pre-conciliari erano diventate anti-conciliari, lo scisma era divenuto la realtà della sua identità?

    Papa Benedetto non ha seguito questo giudizio, ha praticato verso Ecône le medesime aperture che il Concilio aveva stabilito verso le Chiese ortodosse e le comunità protestanti, cercando motivi di convergenza. Il fatto che i lefebvriani accettassero sempre formalmente l’autorità papale e il primato petrino era una strada per ottenere la possibilità del superamento dello scisma. Ciò avrebbe provato che il sentimento cattolico di continuità nella tradizione era più forte dell’attaccamento a dimensioni che la storia aveva posto in altra luce col passare del tempo.

    Era stato un dramma della coscienza cattolica accettare la grande variazione conciliare e post-conciliare; ogni fedele aveva dovuto affrontare il problema dell’identità della sua fede. Risolvere lo scisma significa riconoscere lo sforzo fatto da milioni di fedeli per ritrovare nel linguaggio che i teologi formulavano l’identità del significato dottrinale e spirituale oggetto della loro fede.

    La Chiesa è tesa a mantenere l’unità della fede non solo nello spazio, ma anche nel tempo. In questo la fatica del post-Concilio ha riequilibrato la figura della Chiesa. La speranza conciliare e post-conciliare di un mondo riappacificato con la modernità non si è realizzata nella forma auspicata dai teologi, perché l’avvento della scienza e della tecnica ha posto l’uomo di fronte a problemi assai diversi dalla questione sociale che il comunismo aveva posto al Concilio.

    La sfida del tempo unisce la Chiesa e le permette di chiudere le ferite antiche, di fronte a un laicismo totale e all’islam traboccante nella sua coscienza religiosa. Come forma di linguaggio, sia quello pre-conciliare che quello post-conciliare chiedono un aggiornamento nuovo. Papa Benedetto ne fornisce la chiave."

    © Copyright La Stampa, 24 febbraio 2009
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    Messaggio  Mic Lun Mar 02, 2009 12:35 pm

    Mic ha scritto:
    Papa Benedetto non ha seguito questo giudizio, ha praticato verso Ecône le medesime aperture che il Concilio aveva stabilito verso le Chiese ortodosse e le comunità protestanti, cercando motivi di convergenza. Il fatto che i lefebvriani accettassero sempre formalmente l’autorità papale e il primato petrino era una strada per ottenere la possibilità del superamento dello scisma. Ciò avrebbe provato che il sentimento cattolico di continuità nella tradizione era più forte dell’attaccamento a dimensioni che la storia aveva posto in altra luce col passare del tempo.

    messa in questi termini non mi pare molto positiva la cosa, anche se ci avevo pensato... Infatti i "motivi di convergenza", nel cosiddetto 'dialogo ecumenico' - che presenta forme 'sane ad altre 'non sane, come ha ben spiegato il nostro Papa - rischiano di provocare forzature che non sempre sono nella Verità.

    Tuttavia se ora la Provvidenza si serve anche di questo, per 'tirar dentro' la Tradizione autentica, Dio sa se ce n'era bisogno!!

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